Se un politico attacca un giornale, succede il finimondo. Se lo fa un magistrato, come Gratteri con Il Garantista, tutti zitti?

Lo scorso inverno, nel mondo dell’informazione calabrese, successe il finimondo. In una telefonata all’editore di “Calabria Ora” lo stampatore del giornale fece pressioni per togliere un articolo che riguardava il figlio del senatore Gentile, e lasciò intendere che a fare quella richiesta era lo stesso senatore, che lui definì “un cinghiale”, cioè un tipo pericoloso, vendicativo (chissà se i cinghiali davvero sono vendicativi?). Il senatore Gentile, successivamente, negò di essere stato lui a fare pressioni e credo anche che fece partire un po’ di querele. Chissà. Comunque, giustamente, si aprì un putiferio. La stampa ha diritto di essere libera, di non subire pressioni dal mondo politico, di non essere intimidita dai potenti. Si mosse il sindacato ma si mosse anche il mondo politico, si mossero gli altri giornali, fu grande e sacrosanto scandalo. E’ stato – figuratevi – il momento più difficile per il governo Renzi.

Lo misero sotto tiro i direttori di tutti i grandi giornali. Alla fine Gentile si sacrificò e presentò le dimissioni.
Vorrei capire una cosa: ma se a minacciare un giornale, invece di essere un uomo politico è una autorità dello Stato di grande prestigio, un alto magistrato, per esempio un procuratore aggiunto, la cosa è meno grave?  Cioè, per capirci, i sacri principi dicono che la stampa deve essere indipendente dalla politica ma sottomessa alla magistratura? Spiegatecela bene questa idea, perché se è così è chiaro che un giornale che si chiama “Il Garantista” non ha nessuna ragione di essere, anzi, forse è persino illegale!
Voi sapete – ne abbiamo dato ampiamente conto ieri – che “Il Garantista” è stato oggetto di un attacco durissimo da parte del procuratore aggiunto Nicola Gratteri. Sapete anche che abbiamo chiesto l’intervento del Ministero, della federazione della Stampa, dell’Ordine dei giornalisti, a difesa della nostra testata. Abbiamo il forte sospetto che il nostro appello cadrà nel vuoto. Poco male. In fondo lo sapevamo anche prima di lanciarlo, questo appello, che le persone o le istituzioni o i partiti o i sindacati che hanno il coraggio di mettersi di traverso alla Magistratura oggi sono davvero pochini.


Quando abbiamo deciso di fondare questo giornale che si chiama ”Cronache del garantista”, ve lo assicuriamo, sapevamo benissimo che ci stavamo imbarcando in una battaglia nella quale saremo rimasti soli soletti. Senza aiuti, senza appoggi e con moltissimi nemici. Prevedevamo quello che è successo, e cioè che sarebbe iniziata una azione vasta e forte di isolamento nei nostri confronti, condotta da settori del giornalismo e da settori della magistratura, appoggiata da ampi settori politici. Abbiamo pensato di avere le spalle larghe e di poter affrontare questa sfida. Lo pensiamo ancora.


Solo vorremmo fare una osservazione. Se quando a fare lo sgarro è un politico si trova tutti addosso, e quando è un magistrato non si trova addosso nessuno, sarà che oggi, anche nel senso comune, il rapporto tra politica e magistratura è mostruosamente sbilanciato a favore di quest’ultima? E sarà che questo squilibrio è una ferita seria per la democrazia?


P.S. Qualche parola su Gratteri. Noi non chiediamo in nessun modo che sia punito per come ha superato tutti i limiti istituzionali impostigli dal suo ruolo e si è lanciato in un attacco inverosimile contro un giornale. Per tre ragioni. La prima è che abbiamo il senso della misura e sappiamo che tra la nostra forza e la potenza di Gratteri c’è un tale abisso che è ridicolo chiedere interventi contro di lui. La seconda ragione è che, appunto, siamo garantisti, e non chiediamo mai né punizioni né rivalse, specie quando non è stato commesso alcun reato. Il terzo motivo è che sappiamo che Gratteri è un cow boy molto bravo. Ha pochissima consapevolezza di quale sia il suo ruolo istituzionale, ma è il migliore di tutti gli investigatori che ci sono in Calabria, e sarebbe una follia mandarlo via, perché ne guadagnerebbe la ’ndrangheta. Vorremmo solo che qualcuno ci desse garanzie sulla possibilità per noi, a prescindere dall’ira di Gratteri, di poter continuare pacificamente a fare il nostro lavoro di giornalisti.

Di Piero Sansonetti